Matteo 26,14-27,66; Isaia 50,4-7; Salmo 21; Filippesi 2,6-11
Con questa Domenica che è l’ultima della Quaresima ha inizio la grande settimana dell’anno liturgico, la «Settimana Santa»; questa «Grande e Santa settimana» è come un’inquadratura generale di tutto il mistero, che nei giorni seguenti rivivremo con fedeltà addirittura cronologica anche se, dolorosamente, in modalità diverse dagli altri anni. Celebriamo la Pasqua “restando a casa” e secondo le scarne disposizioni stabilite dalla Congregazione per il Culto Divino (si veda la nota allegata in fondo alla lectio).
La celebreremo dunque nelle case! Come il popolo di Israele in esilio – quando appunto era senza tempio, senza sacerdoti – ha iscritto la celebrazione della Pasqua nella ritualità familiare, così dovremmo imparare a celebrare nelle case. Lo faremmo ponendo al centro la Parola di Dio.
In questi giorni di emergenza molti vescovi e presbiteri vivono in modo strano e spesso disarticolato il loro ministero. Qualcuno è preso da un’ansia compulsiva di fare qualcosa. Si moltiplicano le messe via web, i messaggi vocali, i gruppi whatsApp che scambiano forsennatamente altri messaggi, altri video… Mi sembra che tutto questo non provochi serenità e preghiera nelle comunità ma una babele senza misura. Troppe parole, forse per nascondere silenzi imbarazzanti, un senso di impotenza, la privazione di un ruolo!
Crediamo che sia importante trovare una misura tra il desiderio di stare vicini alla gente – sacrosanto – e la capacità di accettare un vuoto, una debolezza, un tempo “inoperoso”. Solo se si ha la fede per entrare in questo tempo sospeso, in questa mancanza, forse si potranno regalare parole che nascono dal profondo, che sgorgano da un silenzio pieno di ascolto (non è così che si prepara un’omelia davvero mistagogica?).
Ora, una Settimana strana come questa, va…
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