Lc 6,27-38; 1 Sam 26,2.7-9.12-13.22-23 (leggi 26,1-25); Sal 102; 1 Cor 15,45-49
Poco prima dell’inizio dell’era cristiana, un rabbino ebreo raccomandava: «Non fare agli altri quello che a te è sgradito. Tutta la legge sta qui, il resto non è che un commento» (Hillel). Gesù non si ferma a questo punto, ma ci chiama ad una trasformazione ben più profonda della nostra mentalità: «Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro». Più nessuno, ormai, può essere escluso dal nostro amore, neppure i nemici dichiarati, neppure i persecutori.
La carità, dunque, non è assolutamente un amore facile, superficiale, subito soddisfatto di se stesso, oppure cavilloso e calcolatore. E non può essere confusa con un semplice atteggiamento di umana filantropia. Chi potrebbe pretendere di avere in sé la forza di rispondere all’odio con l’amore, alla maledizione con la benedizione, alla persecuzione con la preghiera? In queste parole dell’Evangelo affiora l’immagine di Gesù stesso, che…
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