Luca 14,1.7-14; Siracide 3,17-18.20.28-29; Salmo 67; Ebrei 12,18-19.22-24a
Al tempo di Gesù i borghesi e i saggi si riunivano spesso in banchetti solenni, per discutere insieme di argomenti «seri», a volte religiosi; ma quanto snobismo, quante parole inutili, nel corso di quei tè mondani e di quei cocktails! Gesù accetta di partecipare a una di queste riunioni; ma parla di una virtù nuova, ignorata dai presenti e poco in relazione col protocollo: l’umiltà. Tutti quei benpensanti, venuti per assopirsi pacifici nell’ascoltare un’esposizione tranquillizzante, all’improvviso hanno un sussulto: Gesù chiede loro di modificare le loro liste di invitati e di convocare i miserabili, gli straccioni!
Nell’Evangelo di oggi troviamo un linguaggio religioso che suona male alle nostre orecchie di uomini del XXI secolo, il primo secolo del 3 ° millennio, e di cui facciamo fatica a rintracciare l’autentico contenuto. In che senso se ne serve Gesù?
Oggi più di ieri la società si organizza e vive sulla competitività, sulla lotta ad oltranza per i primi posti, sul profitto, considerato come il valore ultimo ed assoluto: concorrenza industriale fino all’eliminazione della ditta avversaria; arrivismo sociale fatto di raccomandazioni e bustarelle, corsa alla macchina nuova o all’abito nuovo come modo di emergere.
Il giovane oggi si prepara ad inserirsi in questo tipo di società attraverso una educazione familiare e scolastica troppo spesso fondata su una educazione all’agonismo sociale, all’arrivismo. È grave il pericolo di…
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