Lc 20,27-38 (leggi 20,27-40); 2 Mac 7,1-2.9-14 (7,1-42); Sal 16; 2 Ts 2,16-3,5 (2,13-3,5)
Oggi molti faticano a credere all’aldilà. Ciò è dovuto da una parte alla critica marxista che vede nell’attesa della vita eterna una evasione dalla responsabilità di trasformare questo mondo, e dall’altra alla civiltà del benessere tutta tesa a proporre una edonistica felicità in questo mondo.
Che cosa sarà l’uomo dopo la morte? È il problema fondamentale dell’esistenza. Il futuro può ricuperare l’apparente fallimento dell’esistenza oppure ratificarne la sua inconsistenza e vanità? Se la vita presente è tutto, se non c’è speranza oltre la morte, è chiaro che è perso tutto e definitivamente. Non c’è progetto che possa imporsi, se tutti hanno un termine che li livella. Il progresso sembra avere uno smacco fatale e definitivo, se si conclude nel nulla della morte.
Un’altra importante riflessione: se il dialogo d’amore con le persone finisce per sempre, l’amore non è più il fulcro della vita dell’uomo, ma semplicemente una cosa tra le tante. Il problema posto dai sadducei non era un interrogativo marginale; essi hanno chiesto a Gesù il senso di ciò che è per l’uomo essere al mondo.
Noi cristiani siamo i testimoni della risurrezione; dicendo inoltre che il nostro Dio è il Dio dei vivi e non dei morti, noi facciamo un’affermazione che non riguarda solo l’aldilà, ma anche il presente. Dio dei vivi, di chi già oggi è veramente vivente, impegnato fino in fondo nella vita per migliorare la situazione dell’umanità. Vita che non può finire perché è la stessa vita di Dio, vita che quindi continua al di là della morte fisica.
La rivelazione di Cristo appare dunque fondamentale: Dio è un Dio vivo per uomini vivi. È la sicurezza cristiana della nostra vita oggi. Da questa certezza nasce la gioia e la pace. La vita non fallisce perché è salva dalla morte. Dio stesso…
Per scaricare il file audio della Lectio cliccare QUI
Per scaricare il file .doc della Lectio cliccare sul pulsante bianco in basso