Lectio divina «Natale del Signore nella carne. Pasqua», 2019 A

Lc 2,1-14; Is 9,1-3.5-6; Sal 95¸ Tt 2,11-14

 

Mentre tutto è immerso in un profondo silenzio, nel cuore della notte, il Verbo, «rivolto verso Dio e che è Dio», si è fatto carne. A tutti coloro che l’accolgono, «dà il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12). È il centro del mistero che si celebra a Natale. Non si tratta di un mito, e neppure di un’ideologia; il messia, Signore e salvatore, è nato in un dato giorno, in un determinato luogo. Nulla viene detto della sua nascita, ma si vede Maria, la sposa verginale di Giuseppe, occuparsi lei stessa del bambino. «Madre e levatrice!», esclamerà san Gerolamo. Viene così custodito il mistero della manifestazione di questo primogenito unico al mondo, perché uomo e Dio.

Subito si palesa la delicatezza di Dio verso i piccoli e gli umili, oggetto della sua benevolenza: l’annuncio della nascita del buon pastore viene recato prima di tutto a un gruppetto di poveri pastori. E il segno che viene loro dato è quello della povertà in persona (2Cor 8,9). Un simile messaggio non può che avere una profonda eco nel loro cuore. Per essi, la parola che il Signore ha fatto loro conoscere è sicuramente qualcosa di reale, un «avvenimento» (Lc 2,15). Accorrono quindi senza indugio e trovano ciò che il loro desiderio cercava: non la ricchezza e la potenza, ma il bambino, la realtà del segno che era stato loro dato. E questo basta. Sono in sintonia con lui, e subito diventano i primi missionari dell’evangelo, diffondendo nei dintorni la buona notizia.

E noi? Sapremo unirci ai pastori nel rendimento di grazie? Non basta chinarsi con stupore sulla mangiatoia: bisogna…

 

 

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