Marco 9,30-37; Sapienza 2,12.17-20; Salmo 53; Giacomo 3,16-4,3
- «Imparate da me che sono mite»
“Partiti di là, si aggiravano per la Galilea, e non voleva che alcuno lo sapesse. Ammaestrava frattanto i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell`uomo sarà consegnato nelle mani degli uomini, e lo uccideranno, ma, ucciso, dopo tre giorni risorgerà»” (Mc 9,30-31).
«Il Signore unisce sempre alle cose liete le tristi, affinché, quando queste giungeranno, non atterriscano gli apostoli, ma siano accolte da anime pronte. Così li rattrista dicendo che dovrà essere ucciso, ma li fa lieti col dire che nel terzo giorno risorgerà» (Girolamo).
“Essi però non comprendevano quel discorso e temevano di interrogarlo” (Mc 9,32).
Questa ignoranza dei discepoli non nasce tanto dalla limitatezza del loro intelletto, quanto dall`amore che essi nutrivano per il Salvatore, questi uomini ancora carnali e ignari del mistero della croce, non avevano la forza di accettare che colui che essi avevano riconosciuto essere vero Dio tra poco sarebbe morto. Ed essendo abituati a sentirlo parlare per parabole, poiché inorridivano alla sola idea della sua morte, tentavano di dare un significato figurato anche a quanto egli diceva apertamente a proposito della sua cattura e della sua passione.
“E giunsero a Cafarnao. Entrati in casa chiese loro: «Di che cosa discutevate per via?». Ma essi tacevano. Infatti, mentre erano per strada discutevano tra loro chi fosse il più grande“(Mc 9,33-34).
Sembra che la discussione fra i discepoli sul primato fosse nata perché avevano visto che Pietro, Giacomo e Giovanni erano stati condotti in disparte sul monte e che ivi qualcosa in segreto era stato dato loro. Ma erano convinti già da prima, come narra Matteo (cf. Mt 16,18-19), che a Pietro erano state date le chiavi del regno dei cieli, e che la Chiesa del Signore doveva essere edificata sulla pietra della fede, dalla quale egli stesso aveva ricevuto il nome; perciò concludevano o che quei tre apostoli dovevano essere superiori agli altri, o che Pietro fosse superiore a tutti.
“E sedutosi, chiamò i dodici e disse loro: «Se qualcuno vuole essere il primo, sarà l`ultimo di tutti e il servo di tutti». E preso un fanciullo lo collocò in mezzo a loro, e presolo tra le braccia, disse loro: «Chiunque riceverà uno di questi fanciulli nel mio nome, riceve me…»“(Mc 9,35-37).
Il Signore, vedendo i discepoli pensierosi, cerca di rettificare il loro desiderio di gloria col freno dell`umiltà, e fa loro intendere che non si deve ricercare di essere i primi, così dapprima li esorta col semplice comandamento dell`umiltà, e li ammaestra subito dopo con l`esempio dell`innocenza del fanciullo. Dicendo infatti: “Chiunque riceverà uno di questi fanciulli nel nome mio, riceve me”, o mostra semplicemente che i poveri di Cristo debbono essere ricevuti da coloro che vogliono essere più grandi per rendere così un atto d`onore al Signore, oppure li esorta, a motivo della loro malizia, ad essere anche essi come i fanciulli, cioè, come fanno i fanciulli nella loro età, a conservare la semplicità senza arroganza, la carità senza invidia, e la devozione senza ira» (Girolamo)…
(Beda il Vener., In Evang. Marc., 3, 9, 28-37)