Quando si parla di monachesimo generalmente si pensa ai vari ordini monastici: benedettino, certosino ecc.
Senz’altro essi sono una parte fondamentale del fenomeno monastico: ma essi, per l’appunto, sono ordini monastici e non il monachesimo tout court. L’essenza di quest’ultimo, invece, prescinde dalle varie congregazioni e istituzioni religiose in cui è stato, particolarmente in occidente, incanalato. Se guardiamo alle sue origini orientali (ricordiamo che il monachesimo cristiano è nato in Egitto nel III secolo.), invece, troviamo che i monaci erano obbedienti e in comunione con i Vescovi delle Chiese locali alle quali appartenevano di fatto e di diritto. Il monachesimo non rivendicava una «spiritualità monastica» propria, ma aveva la coscienza di avere la spiritualità dell’intera Chiesa. Le grandi Sinodi ecumeniche (ad esempio, i canoni di Calcedonia, anno 451) lo avevano ribadito. Ancora la Regola di S. Benedetto accetta come normale la «sottomissione agli Ordinari dei luoghi».
{Ordo Virginium}
Solo successivamente, in Occidente a partire dal IX secolo, i monasteri cominciarono a svincolarsi dalla gestione diretta delle Chiese locali e a raggrupparsi in ordini e congregazioni. Ma se si considera il monachesimo in sé, secondo i suoi principi costitutivi, il monaco emette i suoi voti nelle mani del Vescovo, poi del suo abate, al quale si vota con l’obbedienza totale. Questa era la prassi del monachesimo antico, ancora viva nelle Chiese d’Oriente, dove non esistono ordini monastici e i monaci seguono tutti la regola di S.Basilio (che era un Vescovo) e sono tutti parte integrante della loro Chiesa locale. Questo dato genuino della tradizione monastica si è voluto recuperare in Occidente a partire dal Concilio Vaticano II: un esempio è la costituzione dell’Ordo virginum, delle laiche consacrate sotto la diretta obbedienza del Vescovo. Esse sono un tipo embrionale di monachesimo diocesano, che deve tuttavia trovare ancora la sua piena attuazione, anche per il genere maschile. Mentre la nostra comunità, essendo anche di rito bizantino e rifacendosi alla regola di S.Basilio, ha trovato in questa la sua naturale via al monachesimo diocesano moderno.
I Monaci
I monaci diocesani debbono assicurare e offrire alla Diocesi un luogo permanente, di cui il Superiore è il Vescovo. Un luogo che sia clausura, quindi chiuso, dove si vive in silenzio, nel raccoglimento, nella preghiera continua, nello studio delle realtà spirituali.
E sia insieme luogo aperto nel servizio agli ospiti discreti, capace di offrire un’assistenza sempre pronta alle esigenze e alle necessità del Popolo di Dio: ospitalità e accoglienza per pellegrini, ospiti e bisognosi, esercizi spirituali per clero e laici, settimane ed incontri biblici nei periodi forti e durante l’estate, campi scuola e settimane di discernimento per i giovani – così che la Diocesi abbia la sua stabile casa della spiritualità. Inoltre il monachesimo diocesano può farsi carico di una funzione che nella Chiesa è sempre preminente ed è molto urgente, ieri come oggi e come domani: la formazione spirituale permanente del clero e dei fedeli come pastorale permanente. A tal fine la Comunità monastica di Pulsano mette a disposizione la propria biblioteca e i propri spazi, ha cura di organizzare la lectio divina comunitaria settimanale (aperta a tutti), ed il corso annuale d’iconografia e di teologia dell’icona. Ma la prima ed essenziale funzione dei monaci consacrati con il loro Vescovo e con tutto il popolo è di esercitare la «diaconia di Cristo» alla sua Chiesa. Per questo anzitutto conducono la vita severa, esemplare, soprattutto orante e contemplativa. Non che i monaci diocesani possano in qualche modo sostituire la preghiera e la contemplazione, che sono doni dell’Iniziazione cristiana per sé offerti a tutti i fedeli. Tuttavia, contro l’attivismo moderno centrifugo e disanimante, che non fa più ritrovare se stessi, i monaci diocesani accettando di essere il «punto zero», e quindi «il resto orante» tra gli uomini fratelli, accrescendo il Tesoro della Grazia divina a cui attinge l’intera Chiesa del cielo e della terra, vera koinônía tôn hagíôn, «comunione alle Realtà sante» che sono quelle dell’eucarestia, donata dallo Spirito Santo (2 Cor 13,13); e così svolgono la più che preziosa funzione e missione di essere nella totale umiltà la coscienza riflessa della vita orante e contemplante dell’intera Diocesi, e tale vita debbono sollecitare in silenzio, insegnare ed incrementare, affinché la Chiesa locale si avvii ad essere finalmente mistericamente completa.
Il Saggio di Tommaso Federici
Per approfondire il tema del monachesimo diocesano, alla luce dei Padri e del Magistero della Chiesa, clicca qui pe scaricare un breve saggio di T.Federici, di cui questa pagina è un sunto.