La «Settimana Santa», questa «Grande e Santa settimana» è come un’inquadratura generale di tutto il mistero che nei giorni seguenti rivivremo con fedeltà addirittura cronologica anche se, dolorosamente, in modalità diverse dagli altri anni. Celebriamo la Pasqua “restando a casa” e secondo le scarne disposizioni stabilite dalla Congregazione per il Culto Divino [1].
La celebreremo dunque nelle case! Come il popolo di Israele in esilio – quando appunto era senza tempio, senza sacerdoti – ha iscritto la celebrazione della Pasqua nella ritualità familiare, così dovremmo imparare a celebrare nelle case. Lo faremmo ponendo al centro la Parola di Dio.
In questi giorni di emergenza qualcuno è preso da un’ansia compulsiva di fare qualcosa. Si moltiplicano le messe via web, i messaggi vocali, i gruppi whatsApp che scambiano forsennatamente altri messaggi, altri video… Mi sembra che tutto questo non provochi serenità e preghiera nelle comunità ma una babele senza misura. Troppe parole, forse per nascondere silenzi imbarazzanti, un senso di impotenza, la privazione di un ruolo!
Crediamo che sia importante trovare una misura tra il desiderio di stare vicini alla gente – sacrosanto – e la capacità di accettare un vuoto, una debolezza, un tempo “inoperoso”. Solo se si ha la fede per entrare in questo tempo sospeso, in questa mancanza, forse si potranno regalare parole che nascono dal profondo, che sgorgano da un silenzio pieno di ascolto (non è così che si prepara un’omelia davvero mistagogica?).
Ora, una Settimana strana come questa, va preparata. «Dove vuoi che prepariamo per celebrare la Pasqua?» (Mt 26,17) chiedono i discepoli a Gesù. Scopriamo anche questo: non si celebra la Pasqua se non la prepariamo. Non è come abbonarsi a un canale televisivo o andare al cinema, prenotare, pagare un biglietto o un canone, recarsi nelle sale o sprofondare nella poltrona di casa e poi ascoltare, assistere. La Pasqua non la si assiste, la si celebra e quindi ci si prepara, forse questa volta come mai prima.
Forse questa “emergenza” è l’occasione perché “emerga” una liturgia nella linea di una sacramentalità più esistenziale e non semplicemente rituale e il popolo di Dio come soggetto vivo della fede. Non come soggetto passivo, che assiste ad un rito che altri per lui celebrano, ma che si scopre «popolo sacerdotale», in grado di celebrare davvero in maniera “consapevole, attiva e piena” secondo diritti e doveri in forza del Battesimo (cfr Concilio Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium n. 14 e Principi e norme del messale romano, cap 1, n. 3). È un’occasione unica, non avremo molte altre opportunità – e speriamo davvero mai più come questa – che ci costringano a compiere quel salto di qualità che il Concilio ci ha indicato ma che fatichiamo così tanto a mettere in opera.
Tutta l’assemblea è soggetto celebrante, ovvero ogni credente deve imparare non ad “assistere”, ma a celebrare attivamente. Ora può e deve farlo, altrimenti rimane un vuoto incolmabile. Questo in realtà è vero sempre: in ogni celebrazione, anche in quelle che normalmente facevamo nelle nostre chiese, anche in quelle solenni nelle cattedrali, il soggetto celebrante è tutta l’assemblea! E i ministri, chi presiede in particolare, vive il suo servizio non per sostituire il popolo di Dio, ma per aiutarlo a sentirsi parte attiva della celebrazione. E se questo vale per ogni Domenica, vale anche per la Pasqua. Lo spazio della casa è chiamato a diventare luogo del culto spirituale. Ogni famiglia deve inventarsi uno spazio con dei segni che richiamino la fede: un cero, un crocifisso, una tovaglia particolare che viene messa sulla tavola nei momenti celebrativi. Chi poi nella casa vive isolato sarebbe bello se nel piccolo, con le precauzioni consigliate, le nostre case si aprissero per momenti di preghiera condivisi. Accade già: qualcuno va dall’amica vicina a recitare il rosario, ma ora non potrebbe anche celebrare la Pasqua? E se si rimane soli si celebra lo stesso, perché «il Padre vede nel segreto» (Mt 6,6) della tua stanza e ascolta le tue preghiere forse ancora di più perché segrete!
Tutto questo poi potrebbe rimanere come un’esperienza che si può sempre ripetere: possiamo davvero celebrare la fede nelle case, nella vita quotidiana, in ogni giorno. Le relazioni più intime, se vere, se vissute in Cristo, diventano «tempio dello Spirito [2]» (1Cor 6,19-20). Il luogo dell’incontro con Dio è Gesù Cristo e con Lui ogni uomo che lo accoglie: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). L’uomo è l’unico vero santuario dal quale si manifesta e irradia l’amore del Padre per le sue creature. È questa la fede del credente. “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?” (1 Cor 3,16) scrive Paolo, talmente convinto di questa realtà da affermare “Cristo vive in me” (Gal 2,20). Nella certezza che non manchino al popolo di Dio, ai vescovi e ai presbiteri, la creatività per sostenere tutti i credenti nel vivere in modo «eccezionale» questa Pasqua 2020 raccolti attorno a un tavolo di casa per pregare, celebriamo la Pasqua nell’emergenza, lì dove siamo, ma anche in comunione con tutta la Chiesa particolare di cui siamo parte.
Ci permettiamo qualche suggerimento minimo per celebrare il triduo pasquale:
Giovedì Santo
Nel suo Evangelo l’evangelista Giovanni non riporta l’ultima cena, ma la lavanda dei piedi. Le disposizioni stabilite dalla Congregazione per il Culto Divino hanno tolto il gesto liturgico, comprendiamo ed accettiamo. Si potrebbero rileggere i testi che istituiscono il memoriale [dal libro dell’Esodo 12,1-14, il Sal 115(116), dalla prima lettera di Paolo ai Corinti 11,23-26, dall’evangelista Giovanni 13,1-15 e dall’evangelista Matteo 26,17-29]. Non possiamo celebrare l’Eucaristia in casa, ma spezzare un pane e condividerlo può rimandare al senso di quello che ogni domenica viviamo con tutti i credenti, per ricordare che l’Eucaristia è celebrata quando ci mettiamo a servizio gli uni degli altri.
Venerdì Santo
Al centro del Venerdì Santo c’è la croce di Gesù e il racconto della sua morte. Diventa importante scegliere una croce da mettere al centro, che sia quella che poi ogni volta ci invita a pregare. Davanti alla croce leggere il racconto della passione e morte del Signore (Gv 18,1-19,42) e poi una preghiera universale, perché la croce ci raccoglie tutti (e in questi momenti con particolare riferimento a chi soffre per il contagio e a chi opera per la cura dei malati).
Sabato Santo
Questo è un giorno particolare dove regnano il silenzio e l’assenza di celebrazioni. Abbiamo vissuto quasi tutta la Quaresima come un lungo Sabato Santo di silenzio e senza riti. Allora questo giorno lo si potrebbe consacrare al silenzio. Si pongono i segni: una candela spenta, un crocifisso coperto, una tavola spoglia.
Domenica di Pasqua
La Domenica di Pasqua la si vive come ogni domenica senza la celebrazione dell’Eucarestia in chiesa. Una celebrazione della Parola – non mancano i sussidi che possiamo trovare in abbondanza in rete – che si conclude con una festa, un pranzo condiviso, un momento di gioia. Senza dimenticare chi è solo, oltre che a parenti e amici, annunciare la Resurrezione di Cristo per dare una parola di vicinanza e di speranza. Anche i più restii hanno usato il telefono in questi giorni e spesso, ma forse ancor più in un giorno come questo.
Pietro Distante, monaco
[1]
[2]
1Cor 6,19-20: «Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. 20Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!».