Luca 10,1-12.17-20 (leggi 10,1-20); Isaia 66,10-14c; Salmo 65; Galati 6,14-18
Cristo chiama per mandare. L’essere discepolo di Gesù non è un privilegio per sé, ma un servizio per il regno di Dio. Gesù manda i suoi discepoli per «annunciare» che il regno di Dio è vicino. Nell’Evangelo di Luca la missione assume un duplice significato:
- in primo luogo attesta che l’annuncio del regno di Dio non è un compito soltanto dei dodici apostoli. Altri missionari, negli Atti, continueranno il loro lavoro.
- Inoltre, per il giudaismo del tempo, il numero settantadue rappresenta la totalità dei popoli pagani. Non a caso, durante la salita a Gerusalemme, Gesù annuncia a più riprese la salvezza dei gentili.
I settantadue discepoli si trovano dunque lanciati, senza rendersene conto, alla conquista del mondo. Il brano evangelico è pervaso dal dinamismo della predicazione cristiana messa in moto dal vento della pentecoste: sembra che l’elemento più stabile del cristianesimo sia l’ordine di non fermarsi mai, di andre sempre avanti. La Chiesa è quella parte dell’umanità dove il Cristo comincia a trovare il suo volto. Restano allora gli altri da raggiungere, recando loro la buona notizia di Gesù.
Lo scopo del ministero apostolico non consiste nella ricerca del proprio successo, ma nel preparare gli uomini all’incontro col Cristo. Il missionario è soltanto un precursore, lavora per Cristo, e il suo compito è di invitare gli uomini ad accogliere Cristo, lasciandolo trasparire attraverso la propria vita e le proprie parole. Il missionario annuncia che il regno è vicino ed abbiamo appena detto che non lo fa solo a parole, ma col suo modo di agire, coi suoi atteggiamenti.
Tale testimonianza consiste soprattutto nella povertà; se egli crede veramente che il Regno è vicino, non ricerca più una sicurezza economica, che gli deve comunque essere assicurata dalla comunità stessa. La povertà dei sacerdoti non è tanto una virtù od un’ascesi personale, quanto il segno della disponibilità e della gratuità evangelica, del dono di salvezza che Dio offre a tutti.
Per questa missione fondamentale Dio ha dunque bisogno degli uomini, ma il timone resta nelle Sue mani. Per tale motivo la preghiera non è mai disgiunta dall’attività missionaria, in cui è all’opera l’azione stessa di Dio, che supera ed eleva l’apostolato. Pregare significa appellarsi alla potenza di Dio verso di noi credenti; significa raggiungere gli strati più profondi dell’umanità per farne scaturire il Cristo.
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