Lc 14,25-33; Sap 9,13-18b; Sal 89; Fm 9b-10.12-17
Mentre l’uomo peccatore tenta di realizzare la felicità cercando di evitare tutto ciò che fa soffrire e tenta di mettere tra parentesi la morte, puntando unicamente su ciò che può offrire la vita presente, il cristiano è invitato dalla fede a guardare in faccia questa vita col massimo realismo. Attraverso la sofferenza ed anche la morte egli dà il suo apporto insostituibile alla riuscita della avventura umana. Se gli capita di conoscere la tristezza mentre il mondo gioisce, in realtà la sua tristezza è fecondità di vita. Egli sa che la morte è la via alla vita. Ma un tale progetto riesce soltanto nel seguire Gesù sotto l’impulso del suo Spirito.
Le due brevi parabole di Luca sono un severo avvertimento contro qualsiasi impegno superficiale. Prima di intraprendere una costruzione o una guerra bisogna sedersi a tavolino per fare i calcoli.
La fede è qualcosa di radicale e bisogna chiedersi se si è pronti a tutto. È la scelta di un uomo maturo che valuta fino in fondo quanto il messaggio cristiano gli propone. Non è fede di convenienza, né desiderio di appartenenza sociologica. Quando la fede penetra tutti i nostri atti…
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