«DOMENICA DI ZACCHEO», XXXI del Tempo Ordinario C

Lc 19,1-10; Sap. 11,23-12,2; Sal 144; 2Ts 1,11-2,2

Nell’Evangelo Gesù che comunica l’amore gratuito di Dio al peccatore Zaccheo attua le parole profetiche del libro della Sapienza che descrive l’amore di Dio per le sue creature: «Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi, non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento. Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato». Zaccheo si converte, l’incontro con Cristo apre il cuore e le mani del capo degli esattori.

Il gesto esteriore del dare, come ogni gesto umano, è di per sé ambiguo. Il dono di un uomo chiuso in se stesso, tutto proteso alla affermazione di sé è egoismo camuffato. La beneficenza molte volte può essere la copertura dello sfruttamento, anzi il mezzo per continuarlo. Il gesto di Zaccheo invece, che restituisce il quadruplo a coloro che aveva defraudato e dà la metà dei suoi beni «ai poveri», nasce da una «conversione» interiore, da un cambiamento di rotta, avvenuto nell’incontro con Gesù.

Incontrando l’Amore, scoprendo d’essere amato, uno diventa capace di incontrare gli altri. Li guarda con occhi diversi, non più come soggetti di cui godere, ma come persone da amare. E questo perché finalmente riesce a guardare se stesso e la sua vita con gli occhi di coloro a cui egli aveva fatto ingiustizia. Allora anche il denaro cambia direzione: al gesto dell’arraffare si sostituisce il gesto del dare liberamente e gratuitamente. E così il denaro da oggetto di preda diventa segno di comunione. Cristo evangelizza tutti, divenuto ospite di Zaccheo, illumina questo cambiamento e lo interpreta nel senso di grazia e di liberazione: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa». Cristo è veramente l’evangelizzatore di tutti: poveri e ricchi. La sua preferenza va ai poveri, agli ultimi: «Mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio» (Lc 4,18).

«La salvezza operata da Cristo è totale e integrale. Si estende cioè a tutto l’uomo e a tutti gli uomini; include la liberazione dal peccato e dalla morte e il progressivo possesso di tutto ciò che è bene e autenticamente umano. La libertà portata da Cristo è libertà non solo “da” servitù interiori e condizionamenti esterni, ma è soprattutto libertà “per” essere di più, per amare, per edificare la pace, nella comunione con Dio e con gli uomini fratelli» (CdA, pag. 104).

L’evangelizzazione dei ricchi sfruttatori comporta la denuncia coraggiosa della loro situazione e l’appello ad una conversione effettiva. Anche i ricchi possono diventare cittadini del regno, a condizione che facciano come Zaccheo.

Oggi però si pone un problema grave particolarmente acuto in certe zone: che fare quando il ricco non fa come Zaccheo, non si converte, quando la mancanza di amore di alcuni scende su molti come fame, sottosviluppo, oppressione?

E possibile amare insieme la vittima e il carnefice? L’amore dei poveri non impone la eliminazione violenta degli sfruttatori? «Ma quelli che eliminano violentemente per amore dei poveri, sono poi sicuri di non agire per una aggressività distruttiva? Una volta eliminati con la violenza i peccatori, sorgerà “automaticamente” quella generazione di santi che sanno amare?

L’esperienza storica e la ragione dicono di no. L’uomo nuovo, l’uomo capace di amare sarà ancora il risultato di una “conversione interiore”».

Questo processo sarà tanto più vero e radicale quanto più sorgerà in chi ha peccato il disgusto per quello che ha fatto, insieme alla visione delle gravi conseguenze del suo agire male.

L’Evangelo non ci dà norme sul «come fare giustizia». Ciò non vuol dire che il cristiano debba adagiarsi coll’accettare le situazioni e la società così com’è. Ammoniva Paolo VI: «La situazione presente deve essere affrontata coraggiosamente, devono essere combattute e vinte le ingiustizie che essa comporta. Lo sviluppo esige delle trasformazioni audaci, profondamente innovatrici. Riforme urgenti devono essere intraprese senza alcun ritardo. Ciascuno prenda generosamente la sua parte».

E in fondo il comandamento dell’amore ad esigere una attiva e radicale trasformazione del mondo. Ma altro è affermare una esigenza rivoluzionaria, altro è imboccare la strada che si esprime nel ricorso alla violenza. La differenza tra le due vie è proprio nella scelta operata dall’amore e per amore come vedremo fra poco.

Dall’eucologia:

Antifona d’Ingresso Sal 37,22-23

Non abbandonarmi, Signore mio Dio,

da me non star lontano;

vieni presto in mio aiuto,

Signore, mia salvezza.

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