Luca 11,1-13; Gen 18,20-21.23-32 (leggi 18,16-32), Sal 137; Col 2,12-14
«Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Gli apostoli si rivolgono a Gesù come a un maestro di preghiera, perché riveli loro il suo segreto. Noi siamo altrettanto curiosi di conoscerlo, perché «nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare» (Rm 8,26). Ascoltiamo dunque che cosa ci dice il Cristo in proposito. «Chiedete… cercate… bussate»: questi verbi sottolineano l’insistenza dell’invito a pregare con la certezza di essere esauditi. Se si persevera un poco, si è sicuri di ottenere, di trovare, di veder aprirsi la porta. Soprattutto, non bisogna scoraggiarsi. La preghiera è in primo luogo una lunga pazienza, che finisce con l’ottenere quello che desidera. Ma non qualsiasi cosa. Se un padre terreno, con tutti i difetti che può avere, dà ai suoi figli soltanto cose buone, a maggior ragione il Padre celeste non mancherà di dare a coloro che glielo chiedono il suo bene più prezioso: lo Spirito santo. Ecco ciò che dobbiamo desiderare, come il gruppo degli apostoli riuniti nel cenacolo dopo l’ascensione.
Illuminandoci sulla risposta che Dio dà alla preghiera, Gesù ci aiuta nello stesso tempo a comprendere meglio la preghiera stessa. Pregare non significa imporre a Dio la nostra volontà, ma chiedergli di renderci, disponibili alla sua, al suo progetto di salvezza per il mondo. Pregare non è…
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