Mt 13,1-23; Is 55,10-11; Sal 64; Rm 8,18-23
Le letture di oggi ci invitano ad approfondire in maniera unitaria il tema della parola. Nella storia della Chiesa le epoche di «aggiornamento» hanno sempre portato ad una restaurazione dell’ascolto e del confronto con la parola di Dio. Lo prova il fervore di studi provocati dal Concilio e lo conferma la riforma liturgica che si sforza di ridare alla celebrazione della parola il posto che le compete. Anche oggi, come al tempo di Gesù, è la parola che convoca e raduna la Chiesa attorno al Padre, ed è nell’approfondimento della parola che i cristiani prendono coscienza di essere famiglia di Dio, suo nuovo popolo di salvati. È ancora l’atteggiamento nei confronti della parola (di indifferenza, di rifiuto, di trascuratezza, o di accoglienza) che definisce la nostra posizione nel regno di Dio (cf Evangelo). Per tre domeniche il lezionario domenicale ci farà ascoltare alcune parabole raccolte in Matteo 13, il terzo lungo discorso di Gesù in questo Evangelo, detto appunto “discorso parabolico”.
Il tempo dell’ascolto entusiasta di Gesù da parte delle folle sembra esaurito e ormai si è palesata anche l’ostilità dei capi religiosi giudaici, che sono giunti alla decisione di “farlo fuori” (cf. Mt 12,14). La predicazione del regno di Dio per cui Gesù spende tutta la sua vita appare dunque fallimentare: farisei ed erodiani lo vogliono uccidere, i parenti lo ritengono pazzo, gli scribi indemoniato. Il suo ministero non è segnato dal successo, anzi! strada facendo raccoglie sempre più incomprensioni, fraintendimenti, rifiuto. Sì, è accaduto così e accade così anche oggi nei confronti di chi predica e annuncia veramente l’Evangelo. E noi possiamo essere non solo perplessi, ma a volte sgomenti: ogni domenica nella nostra terra d’Italia non solo diminuisce il numero di uomini e donne che credono, ma tra coloro che dicono di credere in Gesù Cristo e si radunano nelle chiese per ascoltare la parola di Dio e diventare…
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