Gv 20,1-9; At 10,34.37-43; Sal 117; Col 3,1-4 opp. 1 Cor 5,6b-8
1. Da morte a vita
Noi celebriamo la Pasqua in modo che non solo rievochiamo il ricordo d’un fatto avvenuto, cioè la morte e la risurrezione di Cristo, ma lo facciamo senza tralasciare nessuno degli altri elementi che attestano il rapporto ch’essi hanno col Cristo, ossia il significato dei riti sacri celebrati. In realtà, come dice l’Apostolo: Cristo morì a causa dei nostri peccati e risorse per la nostra giustificazione (Rom 4, 25) e pertanto nella passione e risurrezione del Signore è insito il significato spirituale del passaggio dalla morte alla vita.
La stessa parola Pascha non è greca, come si crede comunemente, ma ebraica, come affermano quelli che conoscono le due lingue; insomma il termine non deriva da passione, ossia sofferenza, per il fatto che in greco patire si dice , ma dal fatto che si passa, come ho detto, dalla morte alla vita, com’è indicato dalla parola ebraica: in questa lingua infatti passaggio si dice Pascha, come affermano i dotti. A cos’altro volle accennare lo stesso Signore col dire: Chi crede in me, passerà dalla morte alla vita (Gv 5, 24).
Si comprende allora che il medesimo evangelista volle esprimere ciò specialmente quando, parlando del Signore che si apprestava a celebrare la Pasqua coi discepoli, dice: Avendo Gesù visto ch’era giunta l’ora di passare da questo mondo al Padre etc. (Io 13, 1). Nella passione e risurrezione del Signore vien messo dunque in risalto il passaggio dalla presente vita mortale a quella immortale, ossia il passaggio dalla morte alla vita.
Presentemente noi compiamo questo passaggio per mezzo della fede, che ci ottiene il perdono dei peccati e la speranza della vita eterna, se amiamo Dio e il prossimo, in quanto la fede opera in virtù della carità (Gal 5, 1) e il giusto vive mediante la fede (Hab 2, 4). Ma vedere ciò che si spera, non è sperare: ciò che infatti si vede, perché sperarlo? Se invece speriamo ciò che non vediamo, lo aspettiamo con paziente attesa (Rom 8, 24). In conformità a questa fede, speranza e carità, con cui abbiamo cominciato a vivere nella grazia, già siamo morti insieme con Cristo e col battesimo siamo sepolti con lui nella morte (2 Tim 2, 12; Rom 6, 4), come dice l’Apostolo: Poiché il nostro uomo vecchio fu crocifisso con lui (Rom 6, 6); e siamo risorti con lui, poiché ci risuscitò insieme con lui, e ci fece sedere nei cieli insieme con lui (Eph 2, 6). Ecco perché l’Apostolo ci esorta: Pensate alle cose di lassù, non alle cose terrene (Col 3, 1, 2). Ma poi soggiunge dicendo: Poiché voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio.
Quando Cristo, vostra vita, comparirà, allora voi apparirete con lui vestiti di gloria (Col 3, 3); con ciò c’indica chiaramente che vuol farci capire come adesso il nostro passaggio dalla morte alla vita (che avviene in virtù della fede) si compie mediante la speranza della futura risurrezione e della gloria finale, quando cioè questo elemento corruttibile, ossia questo corpo in cui ora gemiamo, si rivestirà dell’immortalità (1 Cor 15, 33).
Il rinnovamento della nostra vita è pertanto il passaggio dalla morte alla vita, che s’inizia in virtù della fede, affinché nella speranza siamo contenti e nella sofferenza siamo pazienti, benché il nostro uomo esteriore si vada disfacendo mentre quello interiore si rinnova di giorno in giorno (2 Cor 4, 16). Proprio in vista della nuova vita e dell’uomo nuovo di cui ci si comanda di rivestirci (Col 3, 9 s.). Spogliandoci di quello vecchio, purificandoci dal vecchio fermento per essere una pasta nuova, essendo già stato immolato Cristo, nostra Pasqua (1 Cor 5, 7), proprio in vista di questo rinnovamento della vita è stato stabilito per questa celebrazione il primo mese dell’anno, che perciò si chiama il mese dei nuovi raccolti (Ex 23, 15). Inoltre poiché nel volgere dei secoli è adesso apparsa la terza epoca, la risurrezione del Signore è avvenuta dopo tre giorni. La prima epoca infatti è quella anteriore alla Legge, la seconda quella della Legge, la terza quella della Grazia, in cui si rivela il piano misterioso di Dio prima nascosto nell’oscurità delle profezie. Ciò è dunque indicato pure dal numero dei giorni d’ogni fase lunare poiché nelle Scritture il numero sette suol essere simbolo di una certa perfezione e perciò la Pasqua si celebra la terza settimana della luna cioè nel giorno che cade tra il quattordici e il ventuno del mese.
[Dalle “Lettere” di sant’Agostino, vescovo (Ep. 55, 1, 2-2, 3; 3, 5)]