Lc 16,19-31; Am 6,1a.4-7 (leggi 6,1-7); Sal 145; 1 Tm 6,11-16 (leggi 6,11-20)
DISCORSO 113/A DISCORSO TENUTO A IPPONA DIARRITO NELLA BASILICA DEL SANTO MARTIRE QUADRATO, LA DOMENICA 25 SETTEMBRE, DAL VANGELO OVE SI NARRA DEL RICCO E DEL POVERO LAZZARO
di sant’Agostino, vescovo (PL 46, 921-932)
I giudei non vogliono ancora credere agli oracoli dei Profeti sul Cristo e sulla Chiesa.
1. La fede dei cristiani, schernita dagli empi e dagl’infedeli, è la seguente: noi affermiamo che c’è un’altra vita dopo la presente e c’è la risurrezione dai morti e il giudizio alla fine del mondo. Poiché queste verità non erano credute a causa dei sentimenti umani, ma venivano predette e annunciate dai Profeti, servi di Dio, e dalla Legge data per mezzo di Mosè e sembravano ancora incredibili, venne Gesù Cristo nostro Signore e Salvatore per convincere di esse gli uomini. Egli è bensì il Figlio di Dio, nato dal Padre in modo invisibile e ineffabile, coeterno col Padre ed uguale al Padre e unico Dio col Padre; egli tuttavia, pur essendo il Verbo del Padre, per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte 1, pur essendo la sapienza del Padre, per mezzo della quale è governato l’universo, prendendo un corpo e manifestandosi agli occhi degli uomini scendendo sulla terra depose tanta sua grandezza e l’incomprensibile sua maestà e potenza, che non poteva essere conosciuta dagli uomini. Poiché dunque in Cristo non si vedeva Dio cioè la Stessa divinità, veniva disprezzata la carne che si vedeva. Egli però…
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