Luca 10,38-42; Genesi 18,1-l0a; Sal 14; Colossesi 1,24-28
DISCORSO 103
SULLE PAROLE DEL VANGELO DI LC 10, 38-42:
“E UNA DONNA DI NOME MARTA LO RICEVETTE NELLA SUA CASA” ECC.
di Sant’Agostino, vescovo
Bisogna tendere a un’unica meta.
1. Le parole di nostro Signore Gesù Cristo che sono state lette poc’anzi dal Vangelo ci richiamano alla mente ch’esiste una misteriosa unità alla quale dobbiamo tendere quando ci affatichiamo nella molteplicità delle cose di questo mondo. A questa mèta noi tendiamo mentre siamo ancora pellegrini e non ancora arrivati nella stabile dimora, mentre siamo ancora in cammino e non ancora nella patria, ancora spinti dal desiderio, non ancora nel godimento. Dobbiamo però tendervi alacremente e incessantemente, per giungervi finalmente un bel giorno.
Cristo si degna di farsi nutrire.
1. 2. Marta e Maria erano due sorelle germane non solo riguardo alla nascita ma anche alla loro pietà; tutt’e due erano legate da grande affetto al Signore, tutt’e due servivano il Signore, presente col suo corpo, in perfetto accordo di sentimenti. Marta lo accolse come si è soliti accogliere i pellegrini, e tuttavia accolse il Signore come serva, il Salvatore come inferma, il Creatore come creatura. Lo accolse per nutrirlo nella carne, mentre era lei che doveva essere nutrita nello spirito. Il Signore infatti volle prendere la natura di servo ed essere nutrito in questa natura dai servi, per condiscendenza, non per esigenza. Poiché fu una condiscendenza anche quella di offrirsi per essere nutrito. Aveva sì un corpo con cui sentiva fame e sete, ma non sapete che quando nel deserto egli ebbe fame andarono a servirlo gli angeli (1)? Il fatto dunque che volle essere nutrito, fu un dono da lui concesso a chi lo nutriva. Che c’è quindi da stupirsi che…
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